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Laboratorio - Razziatori giovanili e lupi

Ho sempre supposto che gli "splötes" dei Fanes fossero dei giovani guerrieri, membri di una ipotetica "società dell'avvoltoio". Si sta facendo strada un'ipotesi diversa e più specifica, basata su nuovi reperi archeologici emerso in Russia ma estendibili a molte società indoeuropee.

Un importante passo avanti nella comprensione dei fenomeni sociali delle antiche tribù europee, che potrebbe applicarsi anche alla società dei Fanes, ci viene da una scoperta archeologica effettuata in Russia, precisamente nel sito di Krasnosamarskoe, a nord del mar Nero. Il team del professor David Anthony, dell’università di Hartwick, ha dissepolto una tomba collettiva dell’età del Bronzo contenente, a parte le ossa umane, oltre il 30% di ossa di cane e di lupo. Una percentuale così alta non era mai stata ritrovata in sepolture della stessa epoca, e da vari indizi si è concluso che gli animali erano stati sacrificati ritualmente, e non a scopo alimentare.

L’interpretazione dei reperti è avvenuta attraverso un’attenta analisi delle tradizioni e leggende non soltanto locali, ma di tutta l’area indoeuropea. Pare che, nelle società antiche, i giovani adolescenti trascorressero un periodo al di fuori della società civile, durante il quale erano stimolati a compiere razzie nei paesi vicini (ma non nel proprio!). In questa condizione si trovavano sotto la protezione di un animale-simbolo, in genere il cane od il lupo, di cui spesso vestivano le pelli.

Trascorso questo periodo, solitamente di quattro anni, i giovani rientravano nella società civile e si comportavano da persone adulte e normali.

Caterina Azara, gallurese, che col marito Giovanni Grosskopf ha portato questa notizia alla mia attenzione, mi ha anche segnalato che, in alcuni paesi della sua zona, la tradizione è sostanzialmente viva ancora oggi!

Se questi risultati vengono applicati a quanto ci viene detto della società dei Fanes, se ne potrebbe dedurre che gli splötes costituissero per l’appunto dei gruppi di giovani dediti alle razzie e posti sotto l’egida dell’avvoltoio, anziché del lupo: questa proposta, alternativa a vedere in essi dei generici giovani guerrieri, facenti parte di una società più o meno segreta che si identificava nell’avvoltoio, avrebbe indubbiamente diversi punti a suo favore. Nulla di tutto ciò, nel caso dei Fanes, è naturalmente provato. Però è plausibile. Si procede per piccoli passi.

Oltre a tutto, questo metodo di indagine sinergica tra archeologia e paleoantropologia, adottato in forse per la prima volta questo caso, suona di stimolo a proseguire nelle nostre ricerche.