La
saga dei Fanes - approfondimenti
Gli Arimanni
"Arimanni"
è un termine tipicamente longobardo, che venne tradotto
in latino come "exercitales", ossia "uomini
dell'esercito" (da Heer-, esercito e -Mann,
uomo). Nella società longobarda, l'Arimanno non era tuttavia
un soldato nel senso in cui lo intenderemmo oggi: Arimanni erano
tutti e soli i maschi longobardi liberi, e quindi non tanto in
dovere, quanto in diritto di portare le armi e membri
di un esercito che non era un'organizzazione separata, ma la nazione
stessa perennemente in armi. Come corollario, l'Arimanno deteneva
in esclusiva la pienezza dei diritti civili, quale ad esempio
la capacità di possedere delle terre, e non era tenuto
a svolgere alcun altro lavoro che non fosse il mestiere delle
armi. Agli Arimanni si contrapponevano gli aldii, contadini
semiliberi, e gli schiavi tout-court.
Per quanto non fosse facile, per un non-longobardo non era impossibile
essere accolto nella classe degli Arimanni, e lo fu sempre meno
quanto più i Longobardi da nomadi divennero stanziali e
rimasero a contatto con la popolazione "romana" a loro
enormemente superiore per numero e per cultura, oltretutto subendo
al loro interno una radicale differenziazione sociale tra poveri
e ricchi.
La
popolazione longobarda era divisa in "fare",
in sostanza dei clan familiari allargati che vivevano assieme,
si spostavano assieme e combattevano assieme; quando il popolo
mise le radici, il termine prese ad indicare anche la zona su
cui una fara si era insediata. Le fare in cui
era suddiviso il territorio italiano controllato dai Longobardi
vennero raggruppate in ducati (alla fine furono trentasei),
di dimensioni variabili; nel nord-est possiamo contare quello
del Friuli, importantissimo anche perchè fu il primo ad
essere istituito, poi quelli di Treviso, di Trento, di Ceneda
(parte dell'odierna Vittorio Veneto), di Verona, di Vicenza.
Nelle zone di confine ove non si era installata alcuna fara,
ma risultava necessario mantenere una guarnigione militare, il
duca poteva istituire delle Arimannie, ossia degli insediamenti
stabili di Arimanni, distinti dalle fare in buona sostanza
soltanto perchè non fondati sul legame di clan tra gli
uomini che li popolavano.
I
termini Arimanno ed Arimannia sopravvissero molto più a
lungo del regno longobardo, pur perdendo di vista sempre più
il loro significato originario. Nel dodicesimo secolo, ad esempio,
in val di Fiemme si indicava come Arimannia un'unità di
esazione fiscale, dapprima in natura e successivamente in denaro.
Una
di queste Arimannie di confine, nel significato pristino della
parola, venne fondata a Roccapietore, dove il torrente Pettorina
si unisce al Cordevole, precipuamente allo scopo di tenere sotto
controllo eventuali manovre dei Baiuvari. Il territorio di questa
Arimannia si estendeva fino all'alta Badia ed al'alta val di Fassa.
In effetti,
padre Frumenzio Ghetta ebbe a riscontrare che nel medioevo l'alta
val di Fassa, a nord del torrente Duron, pagava le tasse al vescovo
di Bressanone in forma completamente diversa (coppelle di granaglie)
da quella del resto della valle (ovini); e concluse che questa
disparità dovesse risalire ad un periodo in cui i due territori
appartenevano a due diverse entità giuridiche.
Questo
giustificherebbe la presenza di Arimanni in val di Fassa, ma
dalla parte sbagliata, ossia sembrerebbe identificare gli
Arimanni coi Trusani!
Le spiegazioni del paradosso potrebbero essere diverse; proviamo
ad elencarne alcune:
1. il duca di Trento potrebbe aver creato a sua volta un'Arimannia
in val di Fassa, anche se non ce ne è rimasta alcuna traccia
o documentazione; indubbiamente l'esistenza di Arimannie in val
di Fiemme, sia pure nel significato distorto e più tardo
della parola, potrebbe lasciar intendere qualcosa di simile;
2. i contadini fassani potrebbero aver effettivamente chiamato
alcuni Arimanni a difenderli (sullo stile dei "sette samurai");
3. alcuni Arimanni potrebbero essersi insediati in Fassa di propria
iniziativa, costituendo una sorta di "Arimannia spontanea",
non documentata ma abbastanza consona allo stile dell'epoca;
4. alcuni Arimanni di Roccapietore potrebbero essersi stabiliti
in Fassa, inizialmente per controllare meglio il territorio loro
affidato, ma più tardi essere entrati in conflitto col
nucleo originario della loro stessa Arimannia.
E
chi più ne ha più ne metta. Al momento non sono
in grado, nè di indicare quale alternativa mi sembri più
probabile, nè se non ve ne possano essere altre migliori
di queste.
E'
comunque interessante notare che il capo di questi Arimanni (detto
Tarlui, fulmine, per quanto nella leggenda non compia
nulla che giustifichi il nomignolo) si chiami Ermagora. Pare che
Sant'Ermagora (il nome è greco, e fu portato anche da un
famoso retore) sia stato martirizzato nell'attuale Belgrado nel
304 o 305 e che il suo corpo sia stato traslato ad Aquileia un
secolo dopo. Solo più tardi iniziò a formarsi la
leggenda che lo vorrebbe convertito da san Paolo e nominato da
Pietro stesso primo vescovo di Aquileia; tant'è vero che
Venanzio Fortunato, nel VII secolo, pur citando due volte san
Fortunato, cui Ermagora è tradizionalmente legato, non
menziona affatto quest'ultimo. In ogni modo la grande diffusione
delle chiese dedicate ad Ermagora e Fortunato (e presumibilmente
quindi anche di Ermagora come nome di battesimo) si ebbe solo
nel IX secolo. A questo periodo risale, ad esempio, la fondazione
della parrocchia di Hermagor (Carinzia). Dunque un'attribuzione
degli Arimanni fassani al IX o X secolo sembrerebbe piuttosto
probabile. Il culto di Ermagora e Fortunato non risulta peraltro
essere stato molto vivo in val di Fassa: quindi il nome sembrerebbe
alludere ad un'origine alloctona dell'Arimanno, plausibilmente
dal Veneto o dal Friuli, da tempo sotto l'influenza spirituale
del patriarca di Aquileia. (Anche la dedicazione a S.Procolo della
chiesetta di Naturno, i cui affreschi più antichi vengono
oggi datati tra l'VIII ed il IX secolo, attesta la penetrazione
in Alto Adige di influenze provenienti dall'area del patriarcato
di Aquileia, in un tempo in cui la val Venosta era già
saldamente sotto il dominio dei Baiuvari).
Un'ulteriore
indizio ci viene dal racconto "Bedoyela",
in cui compare il figlio del proprietario di un maso sopra Alba
di Canazei, di nome Loogut - certamente non un nome neolatino!
- e si afferma che a quel tempo in Fassa vi erano ancora numerosii
pagani. Questo dettaglio porterebbe ad assegnarlo al massimo all'VIII
secolo, al tempo cioè in cui il cristianesimo completò
la sua affermazione nelle Dolomiti.
Se
in ogni caso dobbiamo vedere in questi Arimanni insediatisi in
val di Fassa dei veri e propri Arimanni longobardi, dobbiamo aspettarci
che essi si considerassero gli unici proprietari della terra per
diritto di conquista, e tenuti a non fare alcunchè se non
difenderla. Almeno
in un primo tempo essi furono certamente benvenuti dai contadini,
in quanto furono in grado di condurli a respingere efficacemente
con le armi le devastanti scorrerie che i “Trusani”
(quasi certamente i Longobardi dell'Arimannia di Roccapietore)
andavano perpetrando nell’alta valle; ma più tardi,
debellato quel pericolo, vennero via via considerati solo delle
inutili sanguisughe forestiere (i Lumberc?) ed infine
dovettero essere travolti da una sollevazione popolare (si ricordi
che, secondo la stessa leggenda, non uno degli Arimanni lascerà
vivo la val di Fassa!). Il "torneo" con cui gli Arimanni
vengono sciolti sarebbe dunque un mero artificio letterario, di
copertura ad una storia molto più cruenta e meno politicamente
corretta. Mi sembra in effetti del tutto verosimile che gli Arimanni,
cacciati dalla valle, abbiano tentato di porsi in salvo nei centri
longobardi di Feltre o Belluno ritirandosi attraverso il san Pellegrino
ed il basso Cordevole, ma che siano stati raggiunti e sterminati
dagli stessi Fassani; e che l’attribuzione dell’eccidio
ai fantomatici Trusani,
che dovevano già essere stati definitivamente debellati,
costituisca un mero depistaggio effettuato in epoca più
tarda, quando cioè la glorificazione di una rivolta contadina
doveva essere considerata dalle autorità civili e religiose
solo come un’istigazione a delinquere da reprimere con la
massima severità. (Si notino i seguenti elementi incongrui
nel racconto della battaglia: i “Trusani”
avevano concesso ai Fassani un lungo periodo di pace, ma ritornano
proprio nel momento in cui gli Arimanni se ne stanno andando per
sempre; dopo la strage, la val di Fassa è ormai alla mercè
dei Trusani, ma questi
si guardano bene dal saccheggiarla; la milizia fassana, la cui
necessità doveva a quel punto essere stata abbondantemente
dimostrata, non viene invece mai più ricostituita).
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