La
saga dei Fanes - Gli studi sulla leggenda
Wolff e J.R.R. Tolkien: un paragone difficile
Già
oltre un anno fa, Norbert
Spina, agguerrito tolkieniano del clan dei Proudneck
ma appassionato anche dei Fanes, mi mise una pulce nell'orecchio
con la sua conferenza sul paragone tra Dolasilla ed Eowyn, la
principessa-guerriera di Rohan nel Signore degli Anelli.
Recentemente abbiamo avuto qualche altro scambio di idee in
proposito. Idee che non sono proprio coincidenti, tanto che
mi sono deciso a mettere molto sinteticamente qualche punto
per iscritto, nella speranza che lui - o anche altri appassionati
- trovino il tempo e la voglia di ampliare il discorso e/o controbattere
le mie tesi, possibilmente in questo stesso sito. Norbert frattanto
ha messo a disposizione di tutti il testo della sua conferenza;
lo potete trovare qui.
La
mia idea nasceva dalla nota profonda competenza di Tolkien nei
temi dell'antica poesia anglosassone (Beowulf, ciclo arturiano...)
ma anche germanica e finnica, che ha sfruttato fino in fondo
sia traendone vari spunti topici, sia ricalcandone l'atmosfera
generale della sua Terra di Mezzo, che vi si integra perfettamente.
Più esattamente, il ciclo di Tolkien è meravigliosamente
costruito in modo da poter costituire l'antefatto mitico della
storia del mondo "reale". Intendo dire che, se le
storie di Tolkien fossero veramente accadute all'alba dell'umanità,
l'attuale stratificazione del patrimonio mitologico anglosassone
(e non solo) non ne sarebbe che una naturale conseguenza, dai
draghi elfi ed orchi fino agli dei del Valhalla e persino al
Dio cristiano!
Questo mi ha suggerito la proposta che una delle finalità
di Tolkien fosse proprio quella di infondere nuova linfa all'antico
genere leggendario anglosassone, creando una nuova epopea che
lo trascendesse, ma senza contraddirlo, anzi coinvolgendolo
nella sua interezza.
Da questo punto di vista, il raffronto con Wolff
mi sembra chiaramente possibile, pur nelle ovvie differenze:
entrambi ambiscono a ricreare lo spirito di un'antica mitologia
che amano profondamente, ma Tolkien può costruire la
sua opera letteraria su basi folkloriche solide e stabili, mentre
Wolff deve iniziare
andandosele a cercare tra le rovine della memoria popolare.
Nell'ansia poi di recuperare quell'epica e quella poetica che
vorrebbe a tutti i costi ritrovarvi, forse inconsapevolmentele
le idealizza e quindi le altera, e in parte le distrugge, proprio
nell'istante in cui le riporta alla vita.