La
saga dei Fanes - Analisi della leggenda
Il
Regno dei Fanes: 3 - Dolasilla s'en va-t-en guerre
Nella
prima parte della saga si sviluppano dei temi dalle cadenze e
dai sapori del mito; da qui in avanti ci si inoltra in una sequenza
di eventi raccontati come storici, con tempi sempre più
serrati quanto più si procede nel racconto. La leggenda
sviluppa ora il tema della principessa arciera, la gloriosa eroina
di mille battaglie e principale artefice delle fortune militari
dei Fanes. E', ritengo, la parte strutturalmente più debole,
forse giuntaci lacunosa e probabilmente abbellita ed enfatizzata
in tempi successivi sotto l'influsso di modelli culturali - se
non addirittura letterari - importati ed estranei.
Non mancano tuttavia gli spunti di grande interesse,
sia per quanto afferisce alle vicende della struttura sociale
dei Fanes ed al quadro 'storico' in cui queste si inseriscono,
sia per gli illuminanti riferimenti allo sviluppo della metallurgia
antica (la 'magia dei metalli').
Compendio
del testo |
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Osservazioni |
Il
re guida una spedizione a Canazei
per cercare un tesoro d’argento nascosto sul fondo
di un lago, e porta con sé anche Dolasilla, ormai
adolescente. Il tesoro, che sarebbe dovuto provenire dall’Aurona,
non viene trovato; ma in una grotta si trovano verghe d’argento
ed una scatoletta con un lembo di pelle bianca ed una polvere
grigia. Saltano fuori dei nani
che reclamano la loro proprietà, in particolar modo
la scatola; ma il re non se ne cura. Dolasilla invece restituisce
la scatola. I nani
le fanno gettare la polvere in fondo al lago, in modo che
il tesoro possa fiorire e loro stessi essere liberati da
un’incantesimo; regalano la scatola e la pelle a Dolasilla,
perché se ne faccia una corazza.
Le predicono che sarà una guerriera invincibile finchè
non si sposerà, e le raccomandano di non scendere
in campo se la corazza dovesse cambiar colore.
Il
tesoro dei nani è costituito dai "lingotti
d'argento", ossia da pani di bronzo (aes
rude), nonchè dalla misteriosa scatola.
Questo lascia supporre che la scatola sia qualcosa
di diverso, di "ancora più magico".
Potrebbe forse essersi trattato di un metallo
diverso, come il ferro, che in quell'epoca doveva
cominciare a diffondersi, pur essendo assai
raro e la sua lavorazione non ben padroneggiata.
In
effetti, assieme alla scatola i nani donano
a Dolasilla anche una pelle di animale. Ciò
lascia pensare che anche la pelle fosse essenziale
nella costruzione della corazza. Quindi non
doveva trattarsi di una corazza di metallo pieno
(peraltro pesantissima, per la metallurgia dell'epoca),
bensì composta di piastrine metalliche,
cucite sopra la pelle a scaglie di serpente.
Un tale oggetto, se fatto di bronzo, sarebbe
stato certamente o troppo pesante o troppo poco
resistente; il ferro sarebbe potuto senza dubbio
andar meglio (tuttavia si vedrà in seguito
che nemmeno così la corazza risulterà
veramente impenetrabile).
Acquisterebbe
così anche un significato del tutto ovvio
anche l'avvertimento dei nani, di non scendere
più a combattere se la corazza fosse
diventata scura: una corazza arrugginita ha
ormai perso qualunque valore protettivo!
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L'archeologia
ha dimostrato
che nelle età del Bronzo e del Ferro una tipica forma
del culto delle acque era la consacrazione di oggetti preziosi,
in genere metallici, che venivano gettati sul fondo di un
torrente o di un lago. Pertanto chi avesse voluto cercare
un “tesoro” non avrebbe potuto indirizzarsi
meglio che sul fondo di un lago ritenuto sacro. E’
interessante notare che, qui come in tutta la leggenda,
l’unico metallo ad essere citato oltre l'oro è
l’argento, avvalorando l’ipotesi che la parola
“argento” venga usata tout court al
posto di “metallo”. In effetti il tesoro sul
fondo del lago non poteva che essere di bronzo. Di più:
in genere questo tesoro era prevalentemente costituito da
armi. Ecco cosa cercava veramente nel lago il re dei Fanes:
armi di bronzo per equipaggiare i suoi guerrieri, i quali
nella grande maggioranza non dovevano possedere che aste
di legno appuntite (anche l’approvvigionamento della
selce, per i Fanes, doveva risultare alquanto difficoltoso).
“Proveniente dall’Aurona”, in questo caso,
vuol soltanto dire “di metallo”. Il tesoro però
non viene trovato nel lago ma in una caverna vicino ad esso.
La presenza di “verghe” metalliche, ossia di
metallo grezzo pronto per la colata e facilmente trasportabile,
lascia pensare più al tesoretto nascosto da un fonditore
o commerciante girovago (quest’altro tipo di deposito
dell’età del Bronzo, noto come “ripostiglio”,
è anch’esso ben documentato archeologicamente), |
Dolasilla
si fa costruire una corazza di pelle d’ermellino e
d’argento, che nessun’arma poteva penetrare.
Con l’argento che resta si fa costruire un arco, e
con quello che resta ancora vengono costruite delle trombe
d’argento dal suono meraviglioso. I Fanes tornano
successivamente al lago e lo trovano coperto di canne d’argento,
con cui fabbricano frecce per Dolasilla. Sono frecce infallibili
e con grande forza di penetrazione. Dolasilla diventa in
breve tempo un’arciera provetta. |
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Delle
frecce “magiche” di Dolasilla si dicono due
cose mirabili:
1) che hanno un’eccezionale forza di penetrazione;
2) che sono infallibili.
Si tratta di due proprietà dovute a fattori diversi.
La forza di penetrazione può probabilmente essere
attribuita al semplice fatto che le punte sono di metallo:
quindi non l’arco, ma le punte di freccia, vengono
ricavate dal “tesoro” ritrovato nelle grotte
vicino al lago. Lo scambio è probabilmente dovuto
al fatto che in epoca successiva delle punte di freccia
in metallo non dovevano sembrare proprio nulla di eccezionale.
Si noti ancora come non solo la locuzione “d’argento”,
ma anche la parola “magico” siano costantemente
usate come sinonimo di “metallico” (cfr. >Contesto
culturale >Metallurgia.
L’infallibilità deve ovviamente essere smitizzata.
Trovare aste perfettamente diritte non doveva essere per
niente facile, ed è chiaro che una freccia con l’asta
non perfettamente diritta può seguire una traiettoria
capricciosa ed assai difficile da prevedere. E’ ben
possibile che “infallibile” significasse quindi
in origine non “che va a bersaglio anche senza mirare”
bensì “che se si mira bene va sempre a bersaglio”,
cosa peraltro non da poco! Dolasilla si procurò dunque
delle frecce non solo con la punta di metallo, ma anche
l'asta ricavata da canne di lago, colte nella stagione più
propizia per trovarle robuste e perfettamente diritte.
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Il
re porta Dolasilla in battaglia e le sue frecce infallibili
gli garantiscono una facile vittoria. Dolasilla viene trionfalmente
incoronata dal padre con la Raietta
sul Plan de Corones.
Seguono anni di continue battaglie, grandi vittorie e grandi
bottini. Dopo una battaglia coi Caiutes,
Dolasilla raccoglie un mazzo di papaveri
dall’elmo di un guerriero nemico, che lei aveva ucciso.
Quella notte cade in un sonno
profondissimo, nel quale sogna il guerriero che la incita
a smettere di combattere con armi magiche. Vorrebbe obbedire
al monito, ma il re afferma che sono tutte sciocchezze. |
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L’impatto
morale anche di un solo arciere, che ti bersaglia a distanza
senza che tu possa far niente contro di lui, può
senz’altro riuscire devastante, soprattutto se gli
avversari vi sono impreparati e sono avvezzi a combattere
ognuno per suo conto, e non in reparti organizzati.
Perchè Dolasilla decide di scendere in campo? La
ragione più probabile sembra essere la volontà
di difendere i propri diritti al trono, cui il padre ha
almeno implicitamente designato suo fratello, dimostrando
di essere capace di trionfare in battaglia come e meglio
di lui.
Infatti,
dopo una campagna vittoriosa, il re "incorona"
Dolasilla, ossia la designa ufficialmente come erede al
trono, smentendo quindi il già preannunciato proposito
di trasmettere il regno al figlio maschio, il principe-aquila.
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Commento
Visto
che i Fanes non conseguono alcun ingrandimento territoriale
(restano sulle Alpi di Fanes e Sennes dall’inizio
alla fine), è chiaro che le loro gloriose guerre
non sono altro che razzie a danno dei popoli confinanti,
salvo a volte operazioni di difesa contro le ritorsioni
dei vicini. Gli “incalcolabili tesori”, dichiaratamente
lo scopo di tutte le operazioni belliche, difficilmente
saranno consistiti in poco più di qualche arma ed
alcuni ornamenti di bronzo.
La
leggenda tende ad attribuire al re dei Fanes tutte le responsabilità
per il tragico destino cui questi andranno incontro, a partire
dalla politica estera, eufemisticamente definibile come
molto aggressiva. Sembra difficile, però, che tutte
le colpe siano del re, come è emerso nel capitolo
precedente. Vedremo in seguito come questi sia, tutto sommato,
costretto a 'cavalcare la tigre'. Certo che, mentre le prime
razzie dovettero rivolgersi soprattutto verso nord (e la
collocazione geografica di Plan
de Corones, che domina la Pusteria, corrobora questa
ipotesi) col tempo i Fanes dovettero essere costretti a
rivolgersi verso sud, ove abitavano numerose tribù,
tra cui i Caiutes.
Il quadro che la leggenda ci ricompone (cfr. >Approf.
>Popoli) è
che i Fanes finiscano col dar di cozzo, senza nemmeno rendersene
conto, contro una potente federazione di popoli legati assieme
dall'influenza economica, politica e culturale dei Paleoveneti.
La reazione di questi, dapprima debole, diverrà via
via sempre più poderosa. D'ora in avanti i Fanes
saranno costantemente costretti alla difensiva.
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