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La saga dei Fanes - approfondimenti

La "Raietta"

La Raietta, meravigliosa fulgida gemma, compare due volte nella saga dei Fanes:

- è la gemma che Spina-de-Mul “perde” nel suo combattimento iniziatico e che Ey-de-Net ritrova per terra, per poi regalarla a Dolasilla in fasce perché smetta di piangere;
- è la gemma che viene usata dal re dei Fanes per “incoronare” la figlia sul Pian de Corones e, successivamente, incastonata nel suo “diadema”, viene costantemente portata in battaglia da quest’ultima.

Una gemma meravigliosa chiamata “Raietta” compare anche nella leggenda di “Donna Dindia”, dove però è dotata di poteri magici e maledetti: la donna che la possiede rende suoi schiavi tutti gli uomini che l’avvicinano. Quasi certamente, non è che l’ennesima l’attribuzione ad un dato oggetto o persona del nome del suo archetipo primigenio, molto più antico e che inizialmente non aveva nulla a che farci. Sulla complessa leggenda di Donna Dindia, certamente almeno in larga parte medioevale (gemma compresa), cfr. > Analisi > Leggende correlate.

Il nome assegnato alla gemma significa “raggiante, splendente”, con riferimento ai “rai” che sono sicuramente raggi luminosi, cfr. il “Rei de Raies” delle Nozze di Merisana.
Se dunque osserviamo le caratteristiche attribuite alla gemma nella saga dei Fanes, notiamo quanto segue:

- dimensioni: si afferma che stia nella manina di Dolasilla (fatto peraltro non strettamente necessario allo sviluppo della storia e da interpretarsi come una valutazione approssimativa);
- forma: non viene menzionata;
- colore: non viene menzionato; sia questa mancanza di annotazioni, sia il ripetuto paragone con una stella, fanno tuttavia pensare ad un colore neutro, sostanzialmente trasparente;
- splendore: viene definito come assolutamente superlativo: “sfavillante”, “come stella”, “senza pari”.

Si osservi inoltre che Spina-de-Mul la tiene entro “un rivestimento” e la stringe “con la gamba sinistra ripiegata (!)”. Non so trovare una vera spiegazione a questi particolari, soprattutto al secondo, ammesso che siano originali e che non siano puramente strumentali. Il rivestimento infatti serve ad evitare che la gemma si riveli nel buio della notte, il fatto che Spina la tenga in modo così curioso è la “scusa” che gli impedisce di correre e sfuggire quindi ad Ey-de-Net.

Siamo dunque alle prese con una gemma rifulgente, lunga almeno alcuni centimetri ed incolore. Certamente non si può trattare di un diamante, perché:
1. di quelle dimensioni ancor oggi ce ne sono solo pochissimi al mondo;
2. in Europa di diamanti non se ne trovano, fatti salvi dei giacimenti scoperti negli ultimi anni in Finlandia e non ancora sfruttati;
3. Plinio ne parla come di gemme rarissime e riservate ai re; probabilmente i Romani ne videro i primi alle corti orientali.

La soluzione più probabile è che la gemma sia un cristallo di rocca (forma del quarzo, biossido di silicio). Questa pietra è rintracciabile con una certa abbondanza lungo tutto l’arco delle Alpi. Nelle Dolomiti vere e proprie si ritrova solo nella zona dei Monzoni, ma è relativamente facile da reperire, non lontano, anche in Valle Aurina e soprattutto negli Alti Tauri. Si tratta di un cristallo che, se perfetto, è del tutto trasparente; può facilmente raggiungere dimensioni paragonabili a quelle attribuite alla Raietta, e rifrange la luce con effetti decisamente sfavillanti.
E’ una pietra nota all’uomo fin dal paleolitico; più difficile da lavorare della selce, venne spesso utilizzata per utensileria varia a fianco di questa. In taluni siti, dove la selce era meno facile da trovare del cristallo di rocca, può capitare che l’intero corredo litico sia esclusivamente costituito da quest’ultimo (Alpe Veglia). Famoso è il cosiddetto “diadema di Vela”, una collana neolitica interamente costituita da cristallo di rocca, ritrovata in una necropoli del Trentino.

Questo cristallo dovette comparire per la prima volta nelle Dolomiti, portatovi dai cacciatori mesolitici, lavorato sotto forma di punta di lancia o di freccia. E’ probabile che un certo numero di punte, soprattutto di freccia, siano andate perse nel corso di millenni di battute sugli altipiani; in effetti, ancora nel 1994, Vittorino Cazzetta ne ritrovò uno splendido esemplare presso il Col di Lana (Palmieri 1996). Quando, in “Donna Dindia”, si afferma che la Raietta si sarebbe trovata “sulla Gardenazza” (grande altopiano carsico molto simile a quello dei Fanes e separato da questo soltanto dal solco della val Badia), probabilmente si perpetua il ricordo di un analogo, eccezionale ritrovamento avvenuto nel passato in quella zona. In effetti, come poi si riscontra, la gemma non si trova più sulla Gardenazza: è già stata portata altrove.

La “Raietta” persa da Spina-de-Mul e ritrovata da Ey-de-Net in seguito al loro combattimento iniziatico, è veramente la stessa gemma che Dolasilla porterà sul capo in battaglia? Probabilmente no, se è vero che il mito iniziatico è ambientato in un tempo molto anteriore a quello dei Fanes (cfr. > Analisi > Miti innestati), ed i nomi di “Spina-de-Mul” ed “Ey-de-Net” sono stati attribuiti ai due personaggi “moderni”, le cui gesta in qualche modo ricalcavano quelle degli antichi protagonisti del mito, per un fenomeno di archetipizzazione molto diffuso nella saga dei Fanes. Se così è, ovviamente anche la “Raietta” dei Fanes è stata archetipizzata su quella più antica simultaneamente ai personaggi principali della storia.

Due sono i nessi che, prendendo il testo alla lettera, unirebbero le due pietre:
1. alla battaglia di Fiammes, Dolasilla “ricorda” di aver visto (in fasce!) il volto di Ey-de-Net mentre le regalava la pietra, e per questa ragione esita ad ucciderlo. Ma è un nesso poco credibile e assolutamente non necessario;
2. il recupero della Raietta viene poi citato come la ragione per cui Spina-de-Mul fa di tutto per attaccare i Fanes con ogni mezzo. Ma anche questa è una costruzione speciosa e non necessaria allo sviluppo del racconto; se si ammette che lo Spina-de-Mul dei Lastoieres non abbia nulla a che vedere con lo sciamano del rito iniziatico, è anzi una costruzione sicuramente falsa.

Si tratta dunque di nessi artificiosi, probabilmente costruiti a posteriori a seguito della sovrapposizione della seconda pietra sul suo archetipo, e che quindi non possono essere invocati come dimostrazione che la pietra originariamente era davvero la medesima.

La Raietta del mito iniziatico era certamente un amuleto, che veniva fatto ritrovare al giovane che aveva superato la sua prova, affinchè lo portasse per tutta la vita. Era pertanto una punta di freccia, come propone Palmieri, forse a ciò indotto dal ritrovamento di Cazzetta? Può darsi, anche se ciò non risulta affatto necessario. Mi sembra improbabile, in ogni modo, che in seguito il ragazzo rischiasse di perdere il suo amuleto usandolo per la caccia, come se fosse stata una qualsiasi altra punta di freccia. Più probabile che lo tenesse in un astuccio di pelle, come Spina-de-Mul, anche se probabilmente lo portava appeso al collo, e non nell’incavo della gamba, come viene detto aver fatto lo stregone.

La Raietta con cui Dolasilla viene incoronata dal padre a Pian de Corones poteva anche essere un’altra punta di freccia in quarzo, mesolitica o posteriore, ritrovata da qualche parte. Che la pietra dell’arciera fosse una punta di freccia poteva anche avere un certo significato simbolico. Tuttavia credo sia significativo il fatto che la leggenda si guarda bene dal farne qualunque menzione. In effetti, visto che l’incoronazione avviene dopo una campagna presumibilmente condotta in Pusteria, non è assurdo pensare che la Raietta sia un grande cristallo di rocca della valle Aurina, preda di guerra proveniente dal saccheggio di qualche abitato della valle. Come ho già affermato altrove, ritengo poi molto probabile che la gemma non venisse portata come “diadema”, bensì che sia stata incastonata nell’elmo di Dolasilla, anch’esso preda di guerra: un accessorio bellico che è costantemente presente nell’iconografia dei guerrieri delle età del Bronzo e del Ferro, ma che nella saga dei Fanes non viene mai altrimenti citato.

Un ultimo dettaglio è costituito da Ey-de-Net che dona la gemma ad una bambina in fasce (si chiami Dolasilla o no). Per quanto si è detto, l’episodio dovrebbe appartenere al mito iniziatico, tuttavia non sembra averci niente a che fare. Si noti che il fatto implica una differenza d’età fra i due protagonisti di almeno una dozzina d’anni, il che rende almeno poco probabile una successiva love story fra loro, in un’epoca in cui ci si sposava molto presto ed a quarant’anni (ad arrivarci!) si era già vecchi. Potrebbe trattarsi tanto di un’appendice del mito iniziatico di cui ignoriamo il senso e le implicazioni, quanto di un particolare legato alla leggenda di Dolasilla che venne incorporato nel suddetto mito iniziatico quando i due miti vennero fusi assieme; oppure potrebbe riferirsi ad un ulteriore mito autonomo, legato alla figura di un grande guerriero, al solito archetipizzato col nome di Ey-de-Net, di cui non ci è noto nulla di più di questo.

 

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