LA
PREFAZIONE DI K.F.WOLFF ALLA PRIMA EDIZIONE DELLE SUE "DOLOMITENSAGEN"
Le
“Dolomitensagen” di Wolff,
edizione Athesia del 2003, sono precedute da una "prefazione
alla prima edizione" (la presente), da una all'ottava edizione
(capitolo successivo, molto ampliata)
e da una alla nona (che seguirà). Su questa prima prefazione,
del 1913, non c'è molto da dire: rimando i commenti al
capitolo successivo.
Prefazione
alla prima edizione
Sono
adesso dieci anni giusti che raccolgo leggende delle Dolomiti*).
Da un anno all’altro diventa sempre più difficile.
Da quando il bolzanino Cassan, professore in
un istituto commerciale, fassano di nascita, ed il vecchio Dantone
non dimorano più tra i viventi, non è quasi più
possibile ricevere informazioni in val di Fassa.(Solo il signor
Hugo von Rossi
ad Innsbruck possiede ancora del notevole materiale, che con
grande circospezione cerca di aumentare). Nelle altre valli,
secondo la mia esperienza le prospettive di successo sono ancora
minori. La gente crede che si voglia prendersi gioco di loro,
quando gli si pongono delle domande sui “veyes ditsh”,
le antiche leggende e tradizioni. Sì, essi si preoccupano
addirittura di negare, dopo alcuni anni, quello che si era appreso
nelle loro stesse contrade.
Il beninformato che sfogliasse questo libro, noterà subito
che io ho elaborato liberamente le leggende. Mi sono ritenuto
autorizzato a farlo, a causa delle lacunosità e delle
contraddizioni spesso stridenti che sono presenti nelle leggende.
Tuttavia la mia rielaborazione non è affatto arbitraria,
perché se anche io ho cercato di riempire le lacune ed
appianare le contraddizioni, mi sono peraltro sempre sforzato
di farlo nello spirito degli abitanti delle Dolomiti. E, col
mio pluriennale lavoro nelle Dolomiti, ritengo di essere divenuto
familiare con lo spirito che pervade la poesia degli abitanti
delle Dolomiti. Ciò che avevo in mente era un’elaborazione
sul genere di quella che le leggende indiane hanno conosciuto
tramite Holtzmann; anche costui ha integrato e modificato, ma
sempre nella più stretta considerazione riguardo all’ambiente
ed al mondo concettuale dei narratori ancestrali.
Con la massima libertà è rielaborata la favola
della “Grande passione” [in italiano: La
Lajadira, N.d.T.]); qui sono state raggruppate assieme
cinque diverse leggende e racconti: “La grande passione”,
“Le montagne di vetro”, “La maledizione
delle rose”, “La Layadüra”
(l’accento cade sulla ü) e finalmente la storia di
una regina e dei suoi sudditi. Ho riunito assieme tutto quanto.
Per “montagne di vetro” si devono intendere le creste
ghiacciate della catena alpina (vedi le postille al racconto).
La Layadüra è uno dei laghi dell’alta Italia,
verosimilmente il Garda. Questa leggenda su un beato paesaggio
lacustre risulta essere diffusa anche nei Grigioni.
La “Salvaria”
è la traduzione letterale di un testo originale che ho
trascritto esattamente dalle parole di un ladino del Livinallongo.
Anche “Il malgaro d’inverno” [in
Italiano: La malga sul Rosengarten, N.d.T.] costituisce
un’analoga restituzione senza modifiche.
Col presente libro la mia raccolta non è conclusa: soprattutto,
mi riservo di trattare l’epica antico-fassana in un’edizione
successiva.
Bolzano, luglio 1913
Karl
Felix Wolff
NOTE:
*)
Questa osservazione è stata interpretata da uno dei miei
critici nel senso che io avrei cominciato solo nell’anno
1903 ad occuparmi dei racconti delle genti delle Dolomiti. E’
vero, invece, che già da bambino ho udito alcuni di questi
racconti ed essi si sono impressi nella mia memoria. Ma nell’anno
1903 ho cominciato a raccoglierli sistematicamente allo scopo
di pubblicarli.