Mappa del sito

Capitolo precedente

 

La saga dei Fanes - Gli studi sulla leggenda

Confronto fra il testo originale di Wolff e le sue traduzioni in italiano

Il Regno dei Fanes

Nell'affrontare la comparazione tra l'opera di Wolff nell'originale tedesco e la sua traduzione italiana (vedi capitolo precedente) non potevo non iniziare dal Regno dei Fanes. Mi è apparso subito chiaro che, mentre la versione italiana è rimasta del tutto inalterata da un'edizione all'altra, in quella tedesca Wolff stesso (o forse in parte anche i suoi curatori post mortem?) devono aver introdotto nel tempo alcune piccole modifiche rispetto al testo originario. Non avendo a disposizione quest'ultimo, mi rimane dunque il fondato sospetto che tutte o buona parte delle discrepanze che ho riscontrate siano dovute non tanto a variazioni (volute o meno) introdotte dalla traduttrice, bensì alla successiva evoluzione del testo nella lingua originale. Si tratta in ogni caso di modifiche di modesta entità e non particolarmente significative - tranne forse proprio quella che ha scatenato la mia curiosità iniziale! - ai fini dell'interpretazione della leggenda. Qui di seguito il raffronto puntuale, capitolo per capitolo. (Nota: ho omesso di menzionare le frequenti strofe dal Fanneslied di Staudacher intercalate nel testo tedesco ed assenti in quello italiano.)

 

Testo tedesco:
Testo italiano:
 
Annotazioni:

 

1. La Croda Rossa

"...non ti verrà in mente nulla di più sensato di quello che fanno le marmotte."
 
"...non avrai a tua disposizione, per trarti d'impaccio, che il senno delle marmotte."
  L'italiano è più corretto, ma il tedesco più vicino a quello che accadrà in effetti a Moltina
Manca l'indicazione che tsestelìs (= ribes selvatico) sia un termine ampezzano
 
"Là crescevano molti cespugli di ribes selvatico, detto dagli ampezzani 'tsestelis'". 
   
"...che si sarebbe potuto sentir cadere un'odlina (=ago di pino)..."
 
"...che si sarebbe sentito cadere un'ago di pino.." [manca la menzione del termine ladino]
   
Salvarga
 
Salwara
  La grafia tedesca del termine nella versione italiana lascia pensare che Wolff lo abbia modificato in tempi successivi
",,, un'antica tradizione del nostro popolo afferma però che noi siamo fuggiti su queste montagne dalla "Splanedis" (la grande pianura dell'est")..."
 
Questa importante indicazione sulla mitica provenienza dei Fanes manca del tutto
  Che Wolff si sia fatto influenzare più tardi da quanto si dice sui salvani nei Monti Pallidi?
Non si esplicita che i nemici dei Fanes debbano provenire dall'ovest ("...un popolo straniero vuole assalirci...")
 
"...sappiamo che un popolo di ponente ha intenzione di attaccarci..." 
  Le ragioni della variazione non mi sono chiare
Vi sono in calce una nota su un detto popolare circa la Croda Rossa, e poi una a proposito dei Landrines: nel sedicesimo secolo tale Johannes Lendrinus di Innichen (San Candido) si immatricolò all'università di Vienna
 
Mancano 
  La presenza nel'500 a San Candido di una famiglia il cui nome si riconduce ai Landrines è indicativa ma non decisiva ai fini di stabilire l'esistenza (e l'antichità) di un popolo con questo nome.

 

2. L’alleanza segreta

"L'alleanza segreta era nota solo agli appartenenti alla casa reale."   "... nessuno la conosceva all'infuori del re e dei suoi congiunti."   Variazione tanto modesta quanto poco comprensibile

 

 

3. Le gemelle

Il nome delle gemelle viene dato dal re   Non si precisa chi lo assegni.   Non chiaro il perchè della discrepanza.
Tsinke Tores   Cinche torres   Il nome ampezzano delle Cinque Torri è stato corretto dalla traduttrice?
Nota: si precisa che Fautsàrego era l'antico nome ampezzano del passo   La nota manca    

 


4. Spina-de-Mul

Lotja   Loccia   Toponimo trascritto in italiano.
Il futuro Ey-de-Net è vestito "solo di una pelle".   "...vestito di pelli di camoscio"   Variazione poco significativa.
        Qualche piccolissima differenza nella sequenza di combattimento
Penes de Po' Tor   Penes de Potor   La variazione nel toponimo sembra successiva.
        Anche la scena della Raietta presenta qualche trascurabile differenza
Ey-de-Net è fassano; in val Badia si dice "Edl-d'Noet"   La nota manca    

Nota finale:
"La storia della Raietta viene raccontata in molte varianti. La forma più antica sembra essere la seguente: un artista ed uno stregone aspiravano alla mano di una principessa e ciascuno promise di portarle un dono in cui fosse loro riuscito di esprimere tutte le loro capacità e qualità. L'artista produsse la Raietta (la pietra sfolgorante). Questo gioiello era così bello, che non si poteva distoglierne lo sguardo; se si aveva la Raietta nelle vicinanze di notte, si facevano sogni meravigliosi e si udivano risuonare le più splendide melodie.
Lo stregone fece un anello con cui si potevano trasmutare a volontà le pietre più ordinarie in oro, argento o diamanti. La principessa giudicò migliore la Raietta; ma avendone dovuto informare entrambi i corteggiatori, lo stregone allora uccise l'artista.

Sussistono anche altre storie d'ogni tipo sulla Raietta. Lo stregone - così viene chiamato - portò la Raietta in una grotta sotto il castello di Donna Dindia. Ma non rimase lì. Il prezioso gioiello venne in possesso del re dei Fanes, che lo pose sul capo di sua figlia come un diadema. Dopo la morte di questa principessa, Spina-de-Mul riuscì a far rubare la Raietta da un corvo. Ora venne gettata sul fondo di un lago di montagna, dove un drago la vegliava. Ma i nani cacciatori di tesori, che scavavano dappertutto sulle montagne, ricercavano la Raietta con accanimento e talvolta trivellavano da sotto così vicino al fondo del lago che riuscirono a raggiungerla ed entrarne in possesso. Allora nacque una lotta furiosa tra essi ed il drago, le gallerie crollarono ed il lago si prosciugò. Ma al drago la Raietta non parve più al sicuro, perchè troppi nani scavavano lì vicino, perciò prese la Raietta e volò con lei attraverso l'aria in un altro lago. Lo splendore del gioiello che teneva negli artigli fece sembrare il drago volante color rosso fuoco.
Sullo "Schlern" (anno 1930 p. 372) Paul Wallnoefer comunica che la leggenda del "fuirigen Alber" che vola durante la notte è nota anche nel Vintschgau [val Venosta]. Lì si pensa a lui come ad un uccello spettrale che porta il "carbonchio", un oggetto magico, nel becco o tra gli artigli. Questa comunicazione fa capire che la leggenda della Raietta era diffusa in tutta la zona dei ladini dolomitici.
Cfr. il racconto "Donna Dindia".

  Manca del tutto  

La nota sembra sia stata aggiunta da Wolff dopo la stesura della traduzione italiana.

La presenza della Raietta in varie leggende ben distinte è probabilmente un fenomeno di archetipizzazione. Notare la gemma custodita dal drago, passaggio raro nelle leggende Dolomitiche che probabilmente è una contaminazione medioevale di origine tedesca; ma la tana del drago non è una grotta, come nelle migliori tradizioni tedesche, bensì il fondo di un lago, come è regolare in Ladinia!

 

5. L’Aurona

Somawida ha un nome scritto alla tedesca, mentre la grafia di Odolghes è di tipo italiano, con tanto di "gh"   Sommavida e Odolghes   La variante "Sommavida" potrebbe essere opera della traduttrice


6. Il principe Aquila

        Nessuna differenza rilevabile.



7. Il lago d’argento

Si esplicita (con un richiamo ad altra pagina) che il lago d'argento di Dolasilla sia il medesimo di Elba   Il richiamo alla leggenda di Elba è assente (tra l'altro, la leggenda di Elba non è inclusa nel volume l'"Anima delle Dolomiti", bensì nei "Monti pallidi")   Tutto da chiarire, se la tradizione ladina ponesse veramente i due laghi in relazione tra loro!
Maennchen [omini] (poi anche Zwerge [nani] e Maennlein [ometti])   "Nani"   Si tratta in questo caso di "nani minatori" e non di salvani.

 

8. Le armi e le trombe

Pregayanis   Pregajanis   Curioso che la "i" consonantica sia resa in tedesco con una "y" e in italiano con una "j", mentre semmai sarebbe risultato naturale il contrario! Questo vale anche per molte altre parole di origine ladina incluse nel testo.



9. La guerriera

Titolo: Die Kriegerin (la Tjedùya)   La parola ladina manca.   "Tjeduya" (=Ceduja) è parola ladina (fassana) da ceder = osare, e significante quindi "ardita". E' l'epiteto di un'eroina, forse collegabile alla stessa Dolasilla, di cui compare traccia in alcune leggende fassane delle quali ci rimangono solo pochi frammenti.
Si esplicita che la Raietta è la gemma che Ey-de-Net aveva donato a Dolasilla bambina, e che il re la fa montare sul diadema “il giorno dopo” la prima battaglia.   Entrambi gli accenni mancano, ma il primo è implicito, il secondo irrilevante.   Ancora modifiche successive del testo tedesco?

 


10. La battaglia di Fiammes

Titolo: La giornata di Fiammes   La battaglia di Fiammes    
Un monte Amariana esiste anche in Carnia, ad est di Tolmezzo. In proposito Wolff annota: “A pag. 24 della già citata raccolta Scarsini si trova anche una “leggenda del monte Marianna” dal seguente contenuto. Una ragazza povera di nome Marianna, che abitava sulle rive del Tagliamento, saliva tutte le mattine su una montagna nei pressi per raccogliere foglie per darle da mangiare al bestiame. Un giorno, nel mezzo di un terribile temporale si imbattè in uno spirito maligno che voleva trascinarla via. Apparve allora un angelo che la salvò. Con un frastuono spaventoso, il demone scomparve in una spaccatura che si aprì improvvisamente nella roccia e quindi si riempì d’acqua. Si originò così il lago che si può vedere sulla cima della montagna. Appena Marianna fu ritornata a valle, si videro alte fiamme e fumo rosseggiante innalzarsi dalla vetta del monte. – La leggenda lascia intendere che sulla cima della montagna vi era un luogo sacro dei pagani, che poi i cristiani tennero per nefasto. La fanciulla Marianna è naturalmente un’invenzione: la montagna prende il suo nome dal villaggio di Amaro che si trova ai suoi piedi. Sul dorso della montagna, che si eleva possente fino a quota 1906 metri, si distinguono tre cime: Amariana, Amaria ed Amarianute”.   La nota manca del tutto.
  1) il paese di Amaro (in friulano: Damár) prenderebbe in realtà nome da un nome di persona latino Amarus, oppure dalla montagna stessa (e non quindi viceversa). I friulani chiamano scherzosamente la montagna La Marianna. Un tempo si credeva che fosse il monte più alto della Carnia e che fosse un vulcano. Un mio amico, Gianni Cella, mi disse una volta di aver trovato da ragazzo sull’ Amariana delle pietre vetrificate dal fuoco. Vi era dunque stato davvero un Brandopferplatz? E' tutto da verificare.
2) Nel racconto "Il genio del torrente", ambientato presso Cortina, si racconta di nani che abitavano il monte Amariana con tuttta la loro gente. Non vi sono indicazioni per localizzare la montagna, ma deve trattarsi di un massiccio di una certa dimensione, non lontano dalla conca di Cortina. La Croda da Lago potrebbe prestarsi.
...due volte i valorosi Duranni rigettarono indietro il nemico...   ...due volte la battaglia si interruppe...   Variazione poco comprensibile.
Il colore dei capelli di Dolasilla è dunkelbraun (lett. “bruno scuro”)   "bruni capelli"   Quasi tutte le raffigurazioni di Dolasilla la mostrano bionda. Non era questa l'immagine che ne aveva Wolff. Non mi è nota l'opinione della genuina tradizione ladina antica.
Vengono inseriti alcuni versi da "L'Aurona" di Eberhard König; è probabile che anche in origine si riferissero proprio a Dolasilla (Wolff afferma di aver introdotto alcune piccolissime modifiche al testo originale)   Manca.   E. König fu un poeta e librettista berlinese più o meno contemporaneo di Wolff. Nel 1935 si recò a Bolzano, si mise in contatto con Wolff e scrisse una "leggenda drammatica", la "Aurona", di cui Wolff lesse il manoscritto (1941). Non mi è noto se in seguito sia mai stata pubblicata.
    Tutta la descrizione della battaglia viene tradotta in italiano in modo non letterale ed un po’ più conciso, ma il testo è sostanzialmente fedele all’originale    

 


11. Sull’oscuro Migogn

Wögl dale Wèlme (il vecchio degli ontani verdi).   Vögl delle Velme. Manca la traduzione.   Nel Livinallongo gli ontani verdi (Alnus viridis) si dicono effettivamente “velme”. Cfr. Laboratorio.
Si specifica che i nani del Latemar erano i nani fabbri del Gepleng   Manca ogni accenno al Gepleng   Altra modifica successiva?
Migoyn   Migogn   Diverse rese grafiche dello stesso suono
    Vi sono varie piccole libertà di traduzione, ma nessuna vera discrepanza    

 


12. Lo scudo

Titolo: Ey-de-Net e Dolasilla   Titolo: Lo scudo   Cfr. nota al capitolo successivo
Viene ripetuto che i nani del Latemar abitano il Gepleng, "sotto le alte pareti rocciose"   Le "gigantesche pareti rocciose" ci sono, ma non il toponimo   Cfr. capitolo precedente.

 



13. Ey-de-Net e Dolasilla

Titolo: "L'abbaglio"   Titolo "Ey-de-Net e Dolasilla"   Curiosa inversione del titoli: in italiano il capitolo è stato intitolato come il precedente del testo tedesco.
Il re scaccia Ey-de-Net “ridendo di scherno”   Non è esplicitato, ma si legge fra le righe    




14. In grave pericolo

        Le reiterate suppliche dei Fanes a Dolasilla perché combatta, riportate prevalentemente in versi, sono tradotte in modo quasi esattamente letterale.

Seguono il testo alcuni versi di Eberhard König:

Si diffonde ora la grande notizia,
la stella del regno vuol tornare
a risplendere davanti alle nostre bandiere,
a bandire
ogni esitazione!
"

   Mancano    Si tratta certamente di versi tratti ancora dall'Aurona, quasi certamente riferiti proprio a Dolasilla

Segue quindi un lungo paragrafo intitolato “Inserto (testo ladino)” in cui si afferma di riportare alcuni brani tratti dal “festival popolare ladino Fanes da tsakan”, contenenti le implorazioni a Dolasilla affinchè scenda in campo, e le sue lamentazioni. Il testo è in ladino, seguito da una traduzione in tedesco.

   Manca.   Nota bene: questo NON è il testo dei Fanes da zakan di Morlang, che in proposito è alquanto più conciso; si tratta quindi presumbilmente di brani autenticamente tradizionali, per quanto di età in sé imprecisabile.


15. La risposta delle silfidi

Titolo: Der Elfenspruch, (lett. Il responso degli elfi)   Titolo: la risposta delle silfidi   Parallelismi e divergenze tra la mitologia nordica e quella mediterranea!
Crèp dles Naynòres   Najnores   Si tratta sempre di Cima Nove.
Il capitolo termina con la profezia delle Myanìnes: "Ti profetizziamo l'imminente morte di Dolasilla!". Tutto il brano che segue in italiano, nel testo tedesco è assente.   "Ey de Nèt credette che la vita lo abbandonasse di colpo, a quelle parole terribili, Dolasilla doveva morire! Riavutosi dal primo stordimento, Ey de Nèt avrebbe voluto correre via subito, per essere a fianco della donna amata nell'ora del pericolo. Ma era impossibile affrontare una lunga marcia per i monti, nella notte buia, sfinito com'era da una giornata faticosa e tormentosa. Si decise quindi a passar la notte presso il lago: e all'alba si mise in cammino.
Ma il destino dei Fanes era segnato. La necessità di evitare i soldati di guardia, tanto al confine quanto all'interno del regno, i quali avevan tutti ricevuto l'ordine di non lasciar rientrare nel Fanis lo scudiero bandito, ritardò la marcia di Ey de Nèt. E quand'egli giunse, a sera inoltrata, sulle Cunturines, era troppo tardi."
  E' credibile che Wolff abbia successivamente eliminato questo lungo brano un po' didascalico; molto meno, che la traduttrice possa esserselo inventato di sana pianta!

 

16. Le tredici frecce

Vengono premessi alcuni versi di Henriette Schrott-Pelzel:
"Non parlare del mio dolore,
Non parlare della mia pena,
E’ delicata come seta consunta,
E’ rossa come neve insanguinata
."
  Mancano.    
"...svelti..."   "...svelti come scoiattoli..."    

 

 

17. La corazza cambia colore

Titolo: "Die Verfarbung” (il cambiamento di colore)   "La corazza cambia colore"     
"bianca come le nevi [Firnen] della Marmolèda”   "candida quanto le vette della Marmoleda"    
L’ultimo paragrafo del testo italiano manca in tedesco.   "Grazie all'oscurità ancora fitta, i Fanes non s'erano accorti del cambiamento di colore avvenuto in loro presenza; e credettero senza sospetto alle parole della principessa."   Ancora un passo presumibilmente rimosso nelle edizioni tedesche successive a quella originale. 

 

18. La battaglia sul Pralongià

Si premettono alcuni versi di un canto popolare della Vestfalia, in cui la figlia del re è l’unica a piangere mentre tutti gli altri sono felici.   Mancano    
Nota: si cita un passo del "festival popolare ladino: "Dolasila ferida è nyüda ü ten yàde furtüna se müda." (Dolasilla è stata ferita e d'un subito la fortuna è cambiata)   La nota manca    



19. La regina dei Fanes

    Vi sono piccole discrepanze letterali, ma sempre nei limiti di una buona traduzione.    
Manca in tedesco la sua affermazione “la principessa dev’essere certamente morta”.   Manca del tutto in italiano la frase “Allora un cavaliere saltò nel cortile dal ponte levatoio“ che darebbe un soggetto alla frase successiva “e fermatosi ansante nella corte, gridò:”   Sembra che, più di un errore di traduzione, si possa parlare di una riga saltata in fase di stampa.


20. Il falso re

    Traduzione senza discrepanze.    


21. Lujanta

    Traduzione senza discrepanze.    


22. Nel cavo della montagna

...la torre occidentale… era caduta in mano al nemico, e si combatteva sui tetti...   La situazione degli assediati diventava sempre più difficile   Il testo tedesco dettaglia meglio l'assalto ad un castello in stile prettamente medioevale.


23. Il risorgimento

    Testo concettualmente identico    


24. Nell’isola degli uomini dall’unico braccio

    Testo praticamente identico    


25. L’ultima risoluzione

...la valle del Sewerina...   ...Val Severina...   Val Severina o valle del torrente Severina, il toponimo mi rimane ignoto e non localizzato


26. Sera sul campo di battaglia

    Il testo è identico    


27. La sacra fiamma

Titolo: "Davanti alla fiamma azzurra del Fanis"        
Precedono due strofe di Arthur von Wallpach   Mancano    
Nota: la strofa di accensione della fiamma, secondo Staudacher   Manca    

 

28. Il torneo di Contrin

Nota: Sonkyes= sun ki kléves = su quei pendii; oggi pronunciata Sonkiës   La nota manca; il toponimo è indicato come Sonchíves    

 

29. La luce dei morti

Nota: Vivèna = fata dei boschi   Nota in fondo al testo: Le Vivène sono donne dei boschi, che conoscono il futuro.    
Il torneo per lo scioglimento degli Arimanni consisteva di una gara di corsa, una di lancio del giavellotto ed una di tiro con l’arco, e tutte furono vinte la Lidsanel.   Non vi è cenno sulle prove del torneo    

 

30. L’ultimo dei latrones

Il grido di guerra degli Arimanni ("Saloy - saldi noi!") è detto “Skray de skira   Il grido "Salloi, saldi noi!" non viene citato col termine ladino    
In una nota viene ricordata una strofa, da un poema popolare in onore della Marmolada:
“Tu sei bella, tu sei grande,
bella in pace e forte in guerra,
tu sei fra cielo e terra
il primo onore del nostro paese!”
  Manca    

 

31. La fine del regno e la promessa di redenzione

Si precisa che la gita in barca avviene ogni anno in una notte d'estate, con la luna crescente   Manca il dettaglio dell'estate    
Frase conclusiva: “…finchè non arriverà il “tempo promesso”, il tempo della pace e della giustizia. Allora risorgeranno e saranno redenti tutti coloro che hanno patito nelle montagne”.   “...poiché in quel tempo non vi saranno più guerre, né uccisioni, né odii, e come già in un lontanissimo passato, gli uomini saranno affratellati da un vincolo d’amore”.   La discrepanza non è piccola, ed è curiosa. Non sono in grado di valutarne l'origine.
Segue una strofa di A. von Wallpach, quindi vi è una nota sull'aquila della fiamma.   La strofa manca, la nota corrisponde alla nota 3) in fondo al testo.    
Nota: secondo Heyl (“Volkssagen aus Tirol”) la fiamma autogenerantesi è collocata altrove, sulle montagne della Rautal (la valle di san Vigilio). Heyl accenna anche all’uccello che sprizza fiamme dal becco e accenna che in tutta la val Badia è nota la “lüm stramba”, alta sui monti, e si sa anche che un antico racconto ne trattava, ma tutto è dimenticato.   Manca    
Capitolo precedente