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La saga dei Fanes - riassunto della leggenda

 

La leggenda dei Fanes può non essere nota al grande pubblico. Per chiarire di cosa si tratti, ne inserisco qui un breve sommario assieme ad un'introduzione essenziale ed alcune note finali concernenti la sua interpretazione.

 

1. Introduzione

La leggenda dei Fanes è una tradizione ladina. I Ladini sono una piccola minoranza etnica (35.000 persone) che vive nelle valli centrali delle Dolomiti. Si ritiene che essi siano i discendenti di una popolazione che un tempo abitava gran parte delle Alpi. Chiamati Reti dai Romani, sono stati frammentati e compressi dalle opposte spinte di italiani e tedeschi. Parlano il ladino, una lingua neolatina, diversa dall'italiano ma simile agli idiomi parlati nei Grigioni svizzeri e nel Friuli.

Tutte le tradizioni ladine sono state conservate solo per trasmissione orale fino alla fine del XIX secolo. A quell'epoca esse erano perlopiù molto trascurate e sul punto di cadere nell'oblio. Lo scrittore di lingua tedesca Karl Felix Wolff, l'autore dei Monti Pallidi, in molti anni di ricerche si sforzò strenuamente di raccogliere, ripulire e riassemblare tutti i frammenti di leggenda che erano ancora ricordati. Purtroppo gli scopi di Wolff erano più artistici che scientifici, così che oggi risulta spesso difficile distinguere fra i suoi benintenzionati interventi di "restauro" e la genuina tradizione ladina antica.

La leggenda dei Fanes parla di una popolazione che - in tempi così remoti che gli stessi ladini non sanno che definirla "più antica" di tutte le altre loro leggende - vivevano sugli altipiani carsici d'alta quota fra Cortina d'Ampezzo ad est e la val Badia ad ovest. In effetti, la leggenda dei Fanes è diversa da tutte le altre leggende ladine: è più lunga, è strutturata come un ciclo epico, ed i suoi contenuti sono del tutto peculiari. Il riassunto qui sotto segue fondamentalmente la versione di Wolff, salvo che per la storia di Lidsanel, che ho rimosso perchè non c'entra nulla coi Fanes, anche se Wolff volle inserirvela.


2. La leggenda

2.1 Il "mito delle origini"

In una grotta sotto la montagna oggi chiamata Croda Rossa viveva un tempo un’anguana. Ogni mattina, circondata dalle marmotte, salutava il sorgere del sole sulle sponde di un laghetto. Un giorno, una donna del posto, che si era recata in terre straniere, ritorna con una figlia appena nata, e subito muore. L’anguana adotta la bambina, che cresce assieme alle marmotte: Moltina. Essa apprende i modi e la lingua delle marmotte, fino ad essere in grado di trasformarsi in una di loro. Un giorno un principe la vede e se ne innamora. I due decidono di sposarsi, nonostante i dubbi dei familiari di lui. Moltina afferma che non solo le marmotte, ma anche la montagna stessa partecipa della sua felicità. Dopo le nozze, Moltina vive serena al castello. Un giorno c’è un raduno di regine ed a ciascuna viene proposto di raccontare la storia dei propri antenati. Moltina non ne ha, e se ne vergogna mortalmente.La situazione viene salvata da un prodigio: la montagna di fronte, partecipe dei sentimenti di Moltina, è diventata rosso sangue come il suo volto. Moltina approfitta della confusione per trasformarsi in marmotta e fuggire sui suoi monti. Il principe la raggiunge e, visto che la moglie non vuol tornare al castello, decide di restare con lei. Una notte si sente rumore di armi. Sono i Fanes che fanno esercitazioni belliche, senza possederne i minimi rudimenti. Il principe acconsente ad istruirli e poi a guidarli in battaglia; riporta la vittoria, e viene nominato re. Il principe fa costruire una rocca, sulle cui mura fa dipingere l'emblema della marmotta. Da lui e Moltina prende avvio la dinastia reale dei Fanes, cui l’anguana predice gloria e grandezza. Ma la Croda rimarrà rossa per sempre.

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2.2 I gemellaggi

Molti anni dopo, la principessa erede della casata dei Fanes sposa un principe straniero, ma non osa raccontargli, come avrebbe dovuto, della “alleanza segreta” tra i Fanes e le marmotte. Il re incontra un’aquila che è in realtà il re di un’isola lontana, abitata dagli uomini con un braccio solo; i due re concordano un’altra alleanza segreta, che deve essere consacrata con lo “scambio dei gemelli”, secondo le usanze dei Fanes. Il re non ne parla neppure alla moglie. Al re dei Fanes nascono due gemelle, cui vengono posti i nomi di Lujanta e Dolasilla. Ma al mattino dopo Lujanta è scomparsa, sostituita da una marmottina bianca. Il re ne resta all’oscuro. Dopo qualche tempo ordina ad uno scudiero di portare le gemelle all’aquila, perché se ne prenda una. La regina viene a saperlo e fa in modo che lo scudiero non si accorga che una delle gemelle è una marmotta. L’aquila sceglie proprio quest’ultima, che però le scappa e scompare in un crepaccio. Tempo dopo, l’aquila consegna al re dei Fanes un aquilotto, suo figlio, a completamento del secondo “scambio dei gemelli”. Il re lo smarrisce, ma quando arriva al castello scopre che è nato un principino con un braccio solo. Il re ne è tutto contento ed ordina di sostituire con un’aquila la marmotta dipinta sulle mura del castello.

 

2.3 Miti inseriti

Al confine del paese dei Fanes giunge sul far della notte, dal lontano paese dei Duranni, un ragazzo che vuole diventare un guerriero. Poco lontano uno scudiero, che torna con la piccola Dolasilla dall'incontro con l'aquila, viene assalito da un potente stregone, Spina-de-Mul, che può assumere l’aspetto di uno scheletro di mulo mezzo putrefatto e non può essere colpito con le armi. Il ragazzo lo attacca nell’oscurità a colpi di pietra e riesce a costringerlo alla fuga, ed infine a metterlo a terra. Allora il mago gli assegna il nome Ey-de-Net e se ne va. Ey-de-Net trova una splendida pietra preziosa (la Raietta) che il mago ha perso nel combattimento, ma la regala a Dolasilla perché smetta di piangere.

Sotto la catena del Padon c’era un tempo una porta d’oro, sempre sbarrata, che dava nel paese dell’Aurona, i cui abitanti avevano rinunciato alla luce del sole per poter ammassare ricchezze in oro e pietre preziose. Un giorno nel soffitto si crea un forellino, attraverso il quale un vecchio può ammirare la bellezza del mondo di fuori; ma ne rimane acciecato. Così il buco viene turato, ma in tutti nasce la smania di uscire; soprattutto nella principessa Sommavida, che resta a lamentarsi vicino alla porta. Giunge Odolghes, giovane re di Contrin, e per liberarla sfonda la porta d'oro picchiando per sette giorni con la spada. Quindi se la sposa, sdegnando le altre ricchezze; ma la punta della sua spada rimane splendente d’oro, tanto che l’eroe viene soprannominato Sabja de Fek (Spada di fuoco). Gli abitanti dell’Aurona si disperdono per il mondo e l’ingresso del sotterraneo viene dimenticato e sepolto dalle frane.

 

2.4 Dolasilla va alla guerra

Il re guida una spedizione a Canazei per cercare un tesoro d’argento nascosto sul fondo di un lago, e porta con sé anche Dolasilla, ormai adolescente. Il tesoro, che sarebbe dovuto provenire dall’Aurona, non viene trovato; ma in una grotta si trovano verghe d’argento ed una scatoletta con un lembo di pelle bianca ed una polvere grigia. Saltano fuori dei nani che reclamano la loro proprietà, in particolar modo la scatola; ma il re non se ne cura. Dolasilla invece restituisce la scatola. I nani le fanno gettare la polvere in fondo al lago, in modo che il tesoro possa fiorire e loro stessi essere liberati da un’incantesimo; regalano la scatola e la pelle a Dolasilla, perché se ne faccia una corazza. Le predicono che sarà una guerriera invincibile finchè non si sposerà, e le raccomandano di non scendere in campo se la corazza dovesse cambiar colore. Dolasilla si fa costruire una corazza di pelle d’ermellino e d’argento, che nessun’arma poteva penetrare. Con l’argento che resta si fa costruire un arco, e con quello che resta ancora vengono costruite delle trombe d’argento dal suono meraviglioso. I Fanes tornano successivamente al lago e lo trovano coperto di canne d’argento, con cui fabbricano frecce per Dolasilla. Sono frecce infallibili e con grande forza di penetrazione. Dolasilla diventa in breve tempo un’arciera provetta. Il re porta Dolasilla in battaglia e le sue frecce infallibili gli garantiscono una facile vittoria. Dolasilla viene trionfalmente incoronata dal padre con la Raietta sul Plan de Corones. Seguono anni di continue battaglie, grandi vittorie e grandi bottini. Dopo una battaglia, Dolasilla raccoglie un mazzo di papaveri dall’elmo di un guerriero nemico, che lei aveva ucciso. Quella notte cade in un sonno profondissimo, nel quale sogna il guerriero che la incita a smettere di combattere con armi magiche. Vorrebbe obbedire al monito, ma il re afferma che sono tutte sciocchezze.

 

2.5 Ey-de-Net

Spina-de-Mul, allo scopo di recuperare la sua Raietta cerca di riunire una coalizione di popoli contro i Fanes, e riesce a convincere Ey-de-Net a parteciparvi con un reparto di Duranni. Il guerriero, che non aveva mai sentito parlare di Dolasilla, accetta a patto che lo si lasci tirar fuori dalla battaglia la ragazza illesa. Prima della battaglia, Ey-de-Net saluta il sorgere del sole dalla vetta del monte Amariana. Lo scontro, cui partecipa per la prima volta anche il principe-aquila, ha luogo nella pianura di Fiammes. Mentre i Fanes sono in vantaggio, Ey-de-Net attende Dolasilla a piè fermo; ma Spina-de-Mul, nascosto dietro il suo scudo, previene l’arciera ferendola a sua volta con una freccia. Ey-de-Net, invece di sfruttare il momento di sbandamento dei Fanes, se la prende col mago che ha tradito i loro patti. I Fanes vincono e gli alleati litigano. Ey-de-Net non torna a casa, perché vuole avvicinare Dolasilla. Trova un’anguana e le chiede consiglio. L’anguana lo indirizza dal Vögl delle Velme. Questi a sua volta lo spedisce dalla Tsicuta, una sorella di Spina-de-Mul. Ey-de-Net la cerca senza trovarla, finchè incontra una cornacchia, che gli spiega come fare ad incontrarla, e gli racconta che la donna era stata fidanzata col re dei Fanes, prima che questi sposasse la regina dei Fanes, ed altri interessanti dettagli. La Tsicuta tratta Ey-de-Net freddamente, predice che Dolasilla gli farà una promessa ma non la manterrà, e che il destino di lei è segnato dall’ambizione del padre. Però gli dà il suggerimento giusto per entrare in contatto con lei: occorre che faccia costruire uno scudo così pesante che quasi nessuno possa portarlo. Dolasilla si riprende presto dalla sua ferita. Gli artefici della corazza d’argento rispondono al re che la corazza era stata trapassata da una freccia magica, contro cui essa non aveva potere. Per proteggere Dolasilla anche dalle armi magiche occorreva uno scudo incantato, fabbricato dai nani del monte Latemar. Questi concludono che l’ordinazione riguardi lo stesso scudo di cui aveva loro parlato Ey-de-Net; quando lo scudo finito arriva al castello, si constata che nessuno riesce a sollevarlo. La stessa Dolasilla, con la sua forza sovrumana, lo alza appena da terra. Finché non arriva Ey-de-Net in incognito, che dimostra di poterlo portare e così viene assunto come scudiero della principessa.

 

2.6 Il tradimento del re

Dolasilla guarisce dalla ferita e torna a combattere, protetta dal grande scudo di Ey-de-Net. Le vittorie dei Fanes non hanno più limiti. Quando un bel giorno Ey-de-Net viene a chiedergli la mano della figlia, il re si sdegna. Ma anche Dolasilla si è innamorata del suo portascudo, e si dichiara stanca di combattere. Vista l’insostituibilità di Ey-de-Net, il re finisce per fingere di cedere, ma rimanda le nozze e frattanto elabora un piano. Sa che i due si sono promessi di non scendere più in battaglia se non insieme. Nella sua smisurata avidità di ricchezze, egli medita di farsi rinchiudere nell’Aurona con tutta la sua famiglia. Per far ciò servono molti operai che trovino e riaprano l’ingresso. Il re dunque contatta segretamente il nemico, i "popoli del sud", che stanno preparando la guerra contro i Fanes, e raggiunge un accordo: evitando che Dolasilla scenda in battaglia, egli consegnerà nelle loro mani la vittoria e con essa il suo regno; essi, una volta vincitori, scaveranno in cambio per lui le porte dell’Aurona. Detto fatto, il re bandisce Ey-de-Net, sicuro che Dolasilla non combatterà senza di lui in forza della promessa fattagli, e si ritira sul Lagazuoi ad aspettare gli eventi. Ey-de-Net lascia il regno senza aver potuto rivedere la promessa sposa. I Fanes sono in gravi ambasce: sparito il re, sparito Ey-de-Net, Dolasilla si rifiuta di combattere nonostante i reiterati scongiuri, ed il dilagante nemico è ormai alle porte. Tormentata dal dilemma, se mancare alla promessa o vedere sconfitto il suo popolo, Dolasilla alla fine acconsente a scendere in campo. Intanto Ey-de-Net, alla ricerca di un silvano suo amico, ritrova la cornacchia, che gli comunica la notizia che Dolasilla tornerà nonostante tutto a combattere. Il silvano, visto che l’eroe si sente tradito per la promessa non mantenuta e che afferma di volersene andare per sempre, lo manda a consultare l’oracolo delle ninfe del lago. Ma l’oracolo gli risponde che Dolasilla non aveva altra scelta che quella di rompere la promessa, e che morirà presto. Ey-de-Net cerca di tornare dai Fanes per difenderla, ma arriva troppo tardi. Nel frattempo, anche Dolasilla si reca a trovare il silvano amico di Ey-de-Net ed apprende che questi se ne è andato per non tornare mai più. Mentre ritorna, incontra una frotta di strani bambini cenciosi, che le chiedono le sue frecce, e finisce per regalargliene una a testa, tredici in tutto. Quando giunge al castello, la possente coalizione nemica è già in vista, accampata sul Pralongià.

 

2.7 La fine del regno

Nel campo della coalizione, il comandante afferma che il re dei Fanes li ha traditi, e Dolasilla il giorno dopo scenderà in battaglia nonostante tutte le sue assicurazioni; ma a lui è riuscito, con l’aiuto degli stregoni, di sottrarre a Dolasilla tredici frecce "magiche". Consegna una freccia a testa a tredici arcieri, ordinando loro di uccidere l’eroina. Al mattino i Fanes si preparano per la battaglia, ma quando Dolasilla compare, si scopre che la sua corazza è diventata scura. Lei capisce il significato del prodigio, ma finge sicurezza perché i suoi non si perdano d’animo. Dolasilla trascina i suoi fin sull’orlo della vittoria. Per lungo tempo gli arcieri nemici si ingannano sul suo conto, perché cercano un’armatura bianca e non una nera. Ma quando capiscono lo sbaglio, concentrano su di lei le loro frecce. Pur combattendo leoninamente, Dolasilla cade ed i Fanes si sbandano. Dolasilla muore mentre viene trasportata al castello. Il suo corpo viene cremato sul campo. I Fanes sono in rotta. La regina dei Fanes assume il comando della difesa del castello. Giunge notizia che Dolasilla è morta, il principe ferito. Il castello viene cinto d’assedio. Il re dei Fanes, che attendeva sul Lagazuoi l’esito della battaglia, viene ferocemente schernito dagli alleati vincitori ed in particolare da Spina-de-Mul, che gli rinfaccia l’esito funesto del suo tradimento. Ancora oggi il volto del re, trasformato in pietra con la sua corona di punte, è visibile sulle rocce che sovrastano il passo di Falzarego.

 

2.8 Il mito del "Risorgimento"

Mentre i nemici assalgono il castello dei Fanes, ricompare Lujanta, che tende l’arco della sorella e li mette provvisoriamente in fuga. Ma il castello è comunque perduto. La regina si riconcilia con le marmotte; queste spiegano a Lujanta come evacuare dal castello gli ultimi difensori per via sotterranea, e profetizzano la possibilità di recuperare il regno perduto.Gli ultimi difensori del castello prendono un passaggio sotterraneo, ma vengono inseguiti. Li salvano i nani, deviando una cascata (il "Morin di Salvans") in modo che si frapponga tra loro e gli inseguitori. Infine giungono in una grande sala, in cui le marmotte sono in letargo. Intanto i nemici devastano il paese dei Fanes e si spartiscono il bottino. Spina-de-Mul si riappropria della Raietta. Secondo la profezia delle marmotte, i Fanes combattono per sette estati, riprendendo ogni volta la cima di un monte. Ma il principe aquila vorrebbe riappropriarsi di tutte le conquiste del padre e della sorella; e se ne va. I Fanes vincono usando la vecchia tattica: colpire di sorpresa e rifugiarsi nelle grotte, dove trascorrono anche gli inverni. I Fanes ed i loro nemici giungono all’intesa di far la pace, restituendo ai Fanes le sole terre che erano state sempre il loro territorio, ma non le ultime conquiste. Quando il patto è quasi suggellato, arriva il principe aquila e manda tutto a rifascio. Visto che l’accordo è impossibile, viene dichiarata la guerra. Poco dopo, lupi, corvi ed avvoltoi banchettano sui corpi dei Fanes, uomini e donne, vecchi e bambini, tutti caduti nell’ultima, disperata battaglia combattuta nel cuore del paese, sulla Furcia dai Fers, contro un’immensa coalizione venuta anche da posti lontanissimi. Solo una ventina fra donne e bambini, comprese Lujanta e la regina, si sono salvati dal massacro nascondendosi tra le marmotte. Giunge l’aquila della fiamma portando il giovane figlio del principe aquila, e predice che il regno potrà risorgere se il bambino saprà trovare le frecce infallibili e trovarsi al suo posto quando le trombe d’argento suoneranno dai monti la “grande ora”. L’aquila si assume il compito di accendere ogni anno una sacra fiamma a ricordo del regno dei Fanes, nonché di portare il bambino a Contrin, per imparare dal re Odolghes il mestiere delle armi. Ogni anno, in una notte di luna, la regina e Lujanta fanno in barca il giro del lago di Braies. Esse attendono che il nipote della regina ritorni con le frecce infallibili. Ma questi non arriva mai. E un giorno scocca la “grande ora”: dai monti risuonano le trombe d’argento. Ma non c’è nessuno a rispondere al loro appello. La regina le ascolta per l’ultima volta, poi scende a dormire per sempre sul fondo del lago. Ma un giorno arriverà il “tempo promesso” in cui tutti risorgeranno per vivere in pace.

 

3. Note

L'analisi della leggenda dimostra chiaramente che il suo ambiente culturale è quello della fine dell'età del Bronzo, che nella nostra zona può essere datata a circa l'800 A.C.: poco prima della fondazione di Roma, quando la nazione etrusca era ancora ai suoi inizi. I dettagli che portano a questa conclusione si possono trovare altrove nel sito.

  • Il quadro antropologico dei Fanes è quello di un culto totemistico della marmotta, che è affidato alla regina: dunque una sorta di teocrazia matriarcale, in cui il re, che è uno straniero, assume soltanto il ruolo di comandante dell'esercito. La prima figlia della regina viene "scambiata" con una marmotta, in modo che la sorella minore possa incarnare una marmotta, acquisendo così la sacralità necessaria a regnare;
  • I Fanes , che non dovettero mai superare le 500-600 persone, svilupparono la pastorizia e più tardi divennero guerrieri e predoni. Di conseguenza, acquisirono un "totem" più bellicoso, l'avvoltoio (="aquila"). Infine lo scambio divenne istituzionale: il matriarcato cedette il passo al patriarcato;
  • I culti praticati (delle acque, del Sole, delle montagne) erano quelli tipici dell'età del Bronzo;
  • Il mito di fondazione ha forti somiglianze strutturali con quello di Romolo e Remo; i due miti devono dunque condividere un antenato comune;
  • Lo svernamento sugli altipiani (oltre i 2000 metri di quota) fu possibile solo durante i periodi di optimum climatico, il più adatto dei quali si verificò attorno al 1000 A.C.;
  • Vi sono numerosi riferimenti alla metallurgia antica, e tutti puntano verso l'età del Bronzo finale;
  • La cornice storica è quella dell'espansione paleoveneta nelle Dolomiti meridionali, che si verificò attorno all'800 A.C.

Gli eventi descritti nella leggenda sono veramente accaduti? Vediamo spesso i narratori imbarazzati a descrivere degli eventi di cui non sono pienamente a conoscenza, oppure lasciar cadere nel vuoto spunti potenzialmente di grande drammaticità. Inoltre la storia è quella di un'amara disfatta, non di un trionfo a gloria degli antenati! Queste osservazioni suggeriscono che la leggenda non sia un puro parto di fantasia, ma sia probabilmente basata su una vicenda realmente verificatasi. Naturalmente ciò non implica affatto che tutti i dettagli della leggenda siano altrettanto veraci. Inoltre è quasi certo che nella saga sono stati incorporati anche dei miti preesistenti. Si prega di riferirsi alle altre pagine del sito per maggiori dettagli e chiarimenti.

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